DoPo l’AcQua sPaNTa

DoPo l’AcQua sPaNTa

È Santa Lucia, di mattina tardi. C’è il sole azzurro limpido. E il massiccio del Pasubio sa di fare la sua porca figura nel suo piumone bianco. Per questo non mi trattengo oltre con lui… non vorrei che mi si incrinasse il filtro della macchinetta fotografica.

Mi infilo con incomodo lungo la pista sull’argine del fiume, tutta fango pozzanghere e nuove rughe. Segni del passaggio robusto dei trattori e dei camion per ricucire la falla della piccoletta.

Eh sì perché, mentre per due giorni, tra il 5 e 6 dicembre, tutti gli occhi degli abitanti rivieraschi e degli uomini della Protezione Civile erano rivolti ad auscultare le minime variazioni d’umore di Sua Signoria Tèsina, la piccoletta, la dimessa roggia Caveggiara non regge più le mattane della sorella che si diverte, sotto vento di scirocco, a spintonarla. Tira un urlo, rompe contemporaneamente gli schemi e la statistica. Ed esonda, per la prima volta in vita sua.

Esonda nel quartiere dove ho un sacco di amici e conoscenti.
Il tutto è del tutto imprevisto e velocissimo. L’acqua sale come fosse posseduta da una fame di aria. C’è giusto il tempo per tirare fuori dai garage sotterranei le auto (non tutte), i motorini, le bici… Basta! Time out! Il resto rimane sotto. All’ammollo per un paio di giorni finché le pompe non avranno finito di drenare circa 200 mila metri cubi d’acqua.

Alla conta, rimangono sott’acqua le scorte di cibo, le conserve sulle mensole, le casse di birra, i fardelli di bottiglie di acqua minerale, le scarpe da ballo e gli scarponi da montagna, gli scii, i caschi, i puzzler, le bambole, i vecchi libri di scuola, le maxi confezioni di carta igienica, le riviste di moda passate di moda, i fumetti, l’asciugatrice, i materassi di riserva, le bottiglie di vino, i tappeti, i quadretti, la carrozzina … e un’infinità di altre cose messe da parte, alcune magari non più utili, ma non si sa mai.

Quelle cose che vanno negli scantinati un po’ per proprio volere, perché sono stufe loro, un po’ perché ce ne stanchiamo noi e dobbiamo far posto al nuovo. E’ pur vero che non c’è mai tempo per riordinare questi angoli e disfarsi dell’ingombro. Così gli oggetti dimenticati crescono, in questi terreni per loro natura fertili, in pile, in mucchi e in filari.

Però sono ricordi. Quando li riprendiamo in mano, per caso o per ricerca, schiudono mondi. Ci aprono al passato. Le pagelline delle elementari, i diplomi di scherma incorniciati, le scatole ripiene con le foto delle vacanze al mare, uno dei primi schizzi in olio, il canzoniere dell’epoca scout. Cose che ci fa bene sapere che se ne abbiamo ancora bisogno le troviamo lì … o su per giù lì o in mezzo a quel casino lì.

Con i ricordi, catturate nelle reti della nuova fragranza TesinaCaveggiara, sono rimaste sommerse anche le cose che vi svernavano. E’ fine autunno, quindi galleggiano al buio in cerca d’un uscita: i giochi da spiaggia, le ciabatte, gli zaini da montagna, le tende da campeggio, gli sdraietti, gli ombrelloni …

Ugualmente non hanno avuto scampo i mobili in legno, la tavernetta, l’armadio con il cambio di stagione, il frige quasi pieno, la poltrona a dondolo, il bigliardino. E inevitabilmente le case al pian terreno, invase fino al soffitto.

Tutto da scartare. E non è facile disfarsi di ciò che avevamo conservato. Non c’è solo da buttare, ma da pulire, riparare, trasportare e sistemare. Ma almeno da un pò di giorni è uscito il sole, per quanto dicembrino. Aiuta ad asciugare i muri.

Giro per il quartiere all’asciutto con la mia macchina fotografica. Ci son venuta nell’ora di pranzo, sperando di passare i più possibile inosservata. Difficile spiegare a chi ha perso qualcosa che quel qualcosa m’attrae nella sua veste di scarto. Ci tengo ad essere il più possibile discreta. Anche se esposti sulla strada, degradati a rifiuto, sono ancora oggetti personali. A suo tempo scelti ricevuti amati. Ognuno di loro è una storia. Racchiude un’emozione intima. Ma sento che tenere testimonianza visiva dei loro corpi ammassati sul marciapiede fuori di casa mi pare un modo per non cancellarli del tutto e per rendermi a mio modo utile nel dare aria alle stanze del quartiere.